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I miei auguri per San Valentino

Vorrei dedicare questa mia innocente prosa giovanile a tutti gli innamorati per la festa di San Valentino, non solo alle coppie, ma anche a tutti coloro che si innamorano delle cose belle della vita, magari, riuscendo a carpire l'amore anche negli aspetti tristi che talvolta viviamo.
E' una prosa che scrissi, quando avevo poco più di 17 anni per una coetanea, il mio primo amore, una ragazza a cui era venuto a mancare il padre quando era bambina. Condividendola, dopo tutto questo tempo, spero mi consenta una piccola riabilitazione e non solo agli occhi degli amici e compagni di liceo, ma soprattutto verso me stesso.
Sì, perché devo confessare a tutti coloro che non mi hanno conosciuto allora che, per buona parte del liceo, sono stato "tremendo" come qualche professore diceva al mio oramai disperato padre.
Insomma anche se riuscivo a portare a casa discreti risultati scolastici, ero un grandissimo immaturo casinista schivo di un qualsiasi dialogo costruttivo che non fosse sull'unico argomento che attirava la mia attenzione: il divertimento.
Rileggendo però questo brano, raccolto in un ingiallito quadernino a quadretti, ho pensato che nonostante la mia immaturità, già allora, c'era una piccola scintilla in fondo al mio cuore: una scintilla che, probabilmente, solo l'amore nel senso più ampio della parola è capace di far scaturire.
“ Mi viene in mente una storia e voglio raccontartela.
Una volta conoscevo una pianta le cui radici andavano a ritroso nel tempo, anni addietro in un periodo in cui non era che una sottile pianticella dove ingenuità, sensibilità e paura non erano che piccolissimi germogli desiderosi di crescere insieme ad altri compagni.
Un brutto giorno qualcuno o qualcosa le recise il germoglio più alto, lasciando gemicare quel tenero rametto che non era più come gli altri ma terminava con un piccolo occhino verde che guardava il cielo e piangeva.
E trascorrono gli anni e la piantina cresce, quei germogli diventano rami e poi foglie, teneri rami e foglie che avvolgono l'aria che la circonda e si accorge di non essere sola ma di avere un'altra piantina accanto che aveva avvolto con i rami più bassi.
Questa piantina era più alta di lei, non di molto, ma di quel tanto che bastava per vederle quel suo occhino verde così triste a tratti.
Alla piantina più grande piaceva essere circondata da quei rami più bassi che la piccola pianta protendeva verso di lei, ma soprattutto avrebbe desiderato vedere, un giorno, quell'occhino felice.
Io conoscevo queste due piante che stavano in quel prato così l'una accanto all'altra, ed era piacevole starle a guardare quando si parlavano, quando si riparavano l'un l'altra durante i giorni ventosi.
Adesso non ci sono più, c'è solamente arida terra, ma sono sicuro che quella pianta, prima di morire, ha visto quello che per tanto tempo ha desiderato vedere: quell'occhino verde sorridere e sorridere verso di lei.” - ottobre 1975
(14.02.2016)