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Cara Mamma....

Cara Mamma.... - Pier Luigi Guerrieri

  

Cara Mamma....

Così iniziavano le letterine che le maestre ci facevano scrivere a scuola dove la frase più ricorrente era: ”Sei la mamma più bella del mondo”.

Forse qualche letterina è ancora nascosta in mezzo ad un sussidiario del periodo scolastico incartapecorito dal tempo e gelosamente conservato da parte del babbo in quel luogo che era a lui sacro: il suo stanzino-laboratorio accanto al garage.

In attesa di poterla scovare, ti dedico questo brano che puoi considerare come “una letterina da figlio troppo grande” che ho scritto  in una età in cui, oramai, non si distingue più il confine tra essere figlio, padre, marito e addirittura nonno; una età in cui i sentimenti si fondono in un legame di amore verso le proprie origini e verso coloro a cui speri di poter lasciare qualcosa di te.

 

 

Mia madre (dal libro “Una vita come tante”)

Una volta mi hai chiesto per quale ragione non avessi mai parlato del mio rapporto con mia madre. Se non ricordo male liquidai la domanda con una risposta superficiale che neppure ricordo.

In realtà è che mi risulta difficile parlare di lei, ho paura di essere giudicato come un figlio presuntuoso, visto che non posso non parlare degli aspetti negativi che io ho sempre rilevato in lei da quando ho iniziato ad avere il minimo spirito critico.

Mia madre nasce negli anni trenta da una modesta famiglia in cui, per quanto mi ricordo attraverso i racconti di mia madre stessa, mio nonno era prima carabiniere poi operaio in una azienda di lavorazioni marmi nella zona tipica tra Massa e Carrara. Lo ricordo da sempre ammalato di asma tanto che erano più le volte che lo andavamo a trovare in ospedale che a casa.

Mia nonna era una donna semplice, una casalinga, una cuoca perfetta e non faceva altro che darmele tutte vinte compreso il fatto che quando mangiavo da lei l'unica cosa che poteva farmi erano le sue patatine affettate grossolanamente e fritte in padella con il rosmarino.

Credo che mia madre non sia andata oltre la quinta elementare. Si dice che la mamma è sempre la mamma e così è anche per me; mi ha cresciuto, non mi ha mai fatto mancare niente in primo luogo il suo affetto. Ma io sono il primogenito e ricordo bene come fosse ieri, i litigi tra mio padre e mia madre, sempre e solo dettati dalla sua estrema gelosia nei confronti di tutti: donne e parenti.

Se passeggiavano insieme per strada e magari anche per sbaglio mio padre incrociava lo sguardo di un'altra donna, allora apriti cielo. Una invidia che talvolta era rivolta anche verso gli stessi parenti, insomma lei doveva essere sempre al centro delle attenzioni di mio padre. Invidie che, nonostante allora fossi ancora piccolo, mi sembravano inconsistenti visto che non ci mancava niente, anzi.

Solo dopo moltissimi anni mi resi conto che quelle profonde litigate con continue minacce di separazione o peggio quelle piccole fughe da casa talvolta di mia madre talvolta di mio padre che agli occhi di un bambino di 10/12 anni era quanto di più brutto potesse accadere, probabilmente era il loro modo di volersi bene.

Più che del mio rapporto con mia madre, dovrei parlare del rapporto di mio padre con lei. Nella vita di mio padre non ci sono stati occhi che per lei ed in fondo anche mia madre, a modo suo, non ha avuto occhi che per mio padre. Forse è stato troppo chiuso il loro rapporto, mai amicizie da frequentare insieme, mai un confrontarsi reciprocamente attraverso una vita sociale, fatto salva la frequentazione dei parenti. Almeno mio padre aveva il lavoro che lo portava ad un continuo rapportarsi con gli altri, ma mia madre cosa aveva? Solo la casa e noi da crescere. Persino la spesa o l'andare al mercato ogni venerdì mattina lo faceva con mio padre e, ti assicuro, per richiesta di mia madre.

Circa una decina di anni fa mia madre inizia ad avere comportamenti che acuiscono alcuni di questi aspetti negativi, mostrando casi anche di aggressività nei confronti di mio padre. Gli viene diagnosticato l'Alzheimer ed inizia una cura per sopire questi momenti che possono essere pericolosi per lei e per le persone che le stanno accanto. Nonostante tutto ciò, ogni volta che li andavo a trovare in toscana, avevo l'impressione che mio padre non la considerasse malata.

Bada non lo consideravo non consapevole della gravità della malattia di mia madre, visto che la doveva seguire quasi passo passo, e lo aveva sempre fatto nonostante l'operazione e la chemioterapia a cui era stato sottoposto per un carcinoma al colon, ma l'impressione che io avevo, era che il suo amore nei confronti di mia madre lo facesse comportare come aveva sempre fatto, anche con i soliti battibecchi, come se lei riuscisse ancora a capirlo. In fondo era come se non fosse mai cambiato il loro rapporto neppure all'interno di una malattia così devastante che, nonostante le concedesse un buon aspetto fisico, l'aveva portata a non riconoscere neppure me come suo figlio.

Mio padre ha continuato a portarla con se fino alla fine, facendo insieme le gite domenicali, le vacanze estive, anche qualche serata a ballare e persino due volte in crociera in capo al mondo, come se avesse accanto una persona normale: la sua Siria di sempre.

Ho le lacrime agli occhi mentre sto scrivendo, ricordandomi di mia madre il giorno della morte di mio padre. Nonostante la sua malattia l'avesse oramai portata e regredire nella confusione dei suoi ricordi, vidi nei suoi occhi un dolore così profondo che non avevo mai visto prima, come se si rendesse comunque conto che una parte importate della sua vita, non era più intorno a lei, né avrebbe mai più potuto esserlo. Nonostante non le abbiamo permesso di vedere mio padre morto, quella stessa sera io dormii nel lettino accanto, nella sua camera, passando buona parte della notte a consolare il suo pianto disperato in cui chiedeva come avrebbe fatto oramai da sola.

Uno strazio per me che si acuiva con l'incomprensione di come, un cervello così devastato, tanto da farmi considerare un estraneo amico, potesse generare in lei una tale forma di consapevolezza e tanto dolore.

 

(04.11.2015)

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